BENEDETTO PIETROGRANDE (1928-2019)
Benedetto Pietrogrande nasce a Montegalda (Vicenza) il 19 novembre 1928.
Studia al Liceo artistico a Venezia per poi frequentare l’Accademia di Belle Arti con Venanzo Crocetti (1913-2003) che nel 1946 era succeduto ad Arturo Martini sulla cattedra di scultura.
Pietrogrande diventa a sua volta docente all’Accademia di Venezia appena terminati gli studi. Negli anni Cinquanta inizia a partecipare a concorsi, rassegne e mostre di giovani artisti, in particolare quelli promossi dalla Fondazione Bevilacqua La Masa. Il suo studio è alla Giudecca nella casa dei “Tre oci”, frequentata all’epoca da artisti quali Primo Conti, Carlo Scarpa, Roberto Ferruzzi, Friedensreich Hundertwasser, Gregorio Sciltian, Ilse Bernheimer.
All’inizio degli anni Sessanta segue con intensa partecipazione l’evento epocale rappresentato dal Concilio Ecumenico Vaticano II a cui dedica numerosi emblematici bassorilievi. In seguito si trasferisce a Milano, dove nel 1964 si tiene, presso la Galleria San Fedele, una delle sue prime personali. A Milano diverrà titolare della cattedra di discipline plastiche presso il Liceo artistico di Brera, dedicandosi in maniera sempre più esclusiva alla scultura e alle commissioni in ambito pubblico e privato che si sono succedute negli anni.
Ai riferimenti culturali appartenenti alla sua formazione nel periodo veneziano (lo studio dall’arte classica e bizantina; il dibattito del secondo dopoguerra su realismo e astrattismo; l’interesse per la figura umana secondo la lezione di maestri del Novecento come Henry Moore, Marino Marini, Alberto Giacometti) si aggiungono nuovi stimoli a contatto con l’ambiente milanese. Le forti istanze di rinnovamento sociale che emergono a ridosso del 1968, unitamente a una costante ricerca a livello spirituale, lo portano a frequentare la cittadella della Pro Civitate Christiana di Assisi, laboratorio in quegli anni di vivaci sperimentazioni culturali, dove terrà una personale.
È negli anni Settanta, in pieno clima di contestazione, che Pietrogrande sviluppa la sua po-etica, strettamente legata a una dimensione esistenziale, che si sforza di esprimere, aldilà della denuncia sociale, la dignità dell’uomo attraverso oggetti quotidiani che diventano simboli. Nascono le serie delle “bisacce” e delle “valigie” che alludono a temi a lui cari quali il fenomeno dell’immigrazione (che osserva nei frequenti spostamenti tra Milano e Venezia) e i “relitti” che alludono alla Guerra del Vietnam.
Negli anni Ottanta e Novanta l’evoluzione del suo linguaggio plastico passa per gli “sfratti”
e le “memorie”: composizioni realizzate con elementi di mobilio abbandonato intesi come tracce, di vicende umane osservate con empatia. È la rappresentazione del dramma della precarietà e della fragilità della condizione umana, sempre unita però a un messaggio di speranza espresso dal dinamismo delle forme. La profondità dei contenuti supera la distinzione tra arte sacra e non, tanto è vero che parallelamente a queste ricerche Pietrogrande continua a dedicarsi al soggetto religioso.
Per quanto riguarda le opere monumentali, la prima commissione importante è il Giovanni XXIII ordinatogli dal Comune di Corsico nel 1973. Seguiranno: Monumento a Giulio Natta, Ferrara 1980; Monumento alla Pace, Figino 1983; Monumento alla Pace, Grisignano 1986; Monumento a San Michele Arcangelo, Monza 2004; Statua di N.S. di Fatima, Fatima 2008.
Le sue creazioni nascono con l’obiettivo di inserirsi armoniosamente nei luoghi dove vanno a disporsi con l’intento non tanto di “monumentalizzare” gli spazi ma di “umanizzare” gli am-bienti. Per questo motivo opera spesso in collaborazione con architetti, convinto dell’importanza del rapporto tra la scultura e lo spazio. Molte sue produzioni nascono da una progettazione condivisa armonizzando i reciproci linguaggi: è il caso dei suoi interventi nelle chiese di Romano di Lombardia (1979), di Cadine (1990), di Cavi di Lavagna (1990-1991), di Milano Due (1992), di Dragoncello-Roma (2000). Con pari impegno inserisce soluzioni nuove in chiese antiche nel rispetto del contesto (ad esempio: basilica preromanica di Santa Maria Assunta in Calvenzano, Vizzolo Predabissi 1997; cappella preromanica dei Martiri Anauniesi nella basilica di San Simpliciano, Milano 2005; chiesa di Santa Maria alla Fonte, Milano 2013). In questa direzione si colloca anche l’intervento scultoreo presso la basilica di San Giuseppe al Trionfale a Roma (2013) dove ha inserito dieci bassorilievi in bronzo sul preesistente portone ligneo.
Per diversi anni è stato membro della Commissione d’Arte Sacra per la Diocesi di Milano.
Nel 2015 gli viene dedicata un’ampia retrospettiva al Museo Diocesano di Milano.
Muore a Milano il 5 marzo 2019.
Presente a partire dagli anni ’60 in numerose rassegne artistiche: Biennale del Bronzetto (Padova), Biennale della Scultura (Palazzo della Permanente – Milano), “Arte Sacra in S. Simpliciano”(Milano), Biennale di Arese (Villa Reale di Monza).
Ha tenuto diverse personali e collettive presso la galleria Bevilacqua-La Masa di Venezia, la Galleria S. Fedele di Milano, il Centro S. Michele di Cremona.
Ha partecipato, tra l’altro, alle mostre ”S. Paolo nell’arte contemporanea”(Braccio di Carlo Magno, Città del Vaticano – 1977) e “Paolo VI, una luce per l’arte” (Museo del Duomo di Milano/ Musei Vaticani – 1999).
E’ vincitore del primo premio del Concorso nazionale per la scultura “Giovanni Tavani” nel 1989.
Sue opere figurano in collezioni pubbliche e private, quali la Galleria d’Arte Contemporanea della Pro Civitate Christiana di Assisi, la Collezione Paolo VI Arte Contemporanea di Concesio (BS), il Museo Diocesano di Milano e in Vaticano. Inoltre ha realizzato monumenti funebri nel cimitero Monumentale di Milano e in altre città d’Italia.
Hanno parlato di lui: Bernardini, Biscottini, Boccardi, Bonometti, Brevini, Brugnaro, Carluccio, Minassian, Monteverdi, Nicoletti, Peduzzi, Perocco, Raboni, Scazzoso, Scheiwiller, Severi.